Vivere da sviluppatore freelance

Vivere da sviluppatore freelance

Intervista a Giuseppe Petroso, sviluppatore freelance in BitBoss

Abbiamo intervistato Giuseppe Petroso, sviluppatore freelance da Alessandria che collabora con BitBoss . Volevamo capire come un giovane sviluppatore affronta le difficoltà e le sfide della sua professione, perché ha scelto di fare questo mestiere e quale percorso l’ha portato ad essa. Abbiamo cercato di capire qual’è il suo rapporto con lo smart working e come fa ad aggiornarsi per rimanere al passo con le evoluzioni delle tecnologie che utilizza.

Come inizia la tua avventura da sviluppatore?

La mia storia come sviluppatore parte nell’ambito dell’automazione industriale. Dopo il diploma ho iniziato uno stage durante il quale ho sviluppato software per macchine automatiche per aziende piuttosto celebri. Nonostante questo, il mio obiettivo è sempre stato quello di dedicarmi allo sviluppo web. Durante i primi anni di lavoro mi sono laureato in Graphic Design, questo perché volevo unire le competenze di sviluppo software alle competenze di UX/UI. Poco prima di laurearmi ho aperto partita IVA e ho iniziato a collaborare con diverse aziende in Piemonte. In generale ho sempre lavorato come full stack developer, specializzandomi in Laravel.

Al momento, con quante aziende o clienti collabori?

Sto collaborando in modo continuativo con BitBoss e nel mentre sto gestendo progetti di alcuni contatti personali. Per ora riesco a gestire entrambe le situazioni da remoto.

Quando devi cercare nuovi clienti, quali canali utilizzi?

LinkedIn in assoluto è quello che utilizzo di più. Oltre a questo canale, ho cercato di pubblicizzarmi un po’ su Facebook. Sicuramente, uno dei miei propositi per il futuro è di iscrivermi a ProntoPro.

Hai detto che lavori da remoto: come ti gestisci il lavoro?

Prima della collaborazione continuativa con BitBoss, mi sono sempre autogestito in maniera del tutto autonoma. Non ho mai lavorato per task specifici, ma portavo avanti il progetto segnandomi della milestone. Ad oggi, mi trovo molto bene con il metodo di BitBoss, lo trovo decisamente più evoluto rispetto ai miei vecchi metodi. Come orario cerco comunque di simulare una classica giornata lavorativa in ufficio da 8 ore.

Perché hai scelto una carriera da freelance piuttosto che da dipendente?

Ho scelto di fare il freelance perché mi piace poter gestire liberamente il mio tempo, anche se probabilmente lavoro di più rispetto ad un dipendente. Essere un libero professionista per me è un modo per tenermi sempre attivo e avere un pretesto per pensare alla mia crescita lavorativa: dovendo essere molto competitivo sul mercato, mi sento più incentivato a rimanere aggiornato ed informato sulle nuove tecnologie. Un’altra cosa che ha influenzato la mia scelta è quella di poter avere progetti miei: ho una certa propensione verso l’imprenditorialità. Fondamentalmente sia da un punto di vista di flessibilità, sia da un punto di vista economico, credo di essermela cavata meglio rispetto ad un dipendente.

Essere un libero professionista per me è un modo per tenermi sempre attivo e avere un pretesto per pensare alla mia crescita lavorativa: dovendo essere molto competitivo sul mercato, mi sento più incentivato a rimanere aggiornato ed informato sulle nuove tecnologie.

Ritieni che la distanza rispetto al luogo di lavoro possa essere un limite?

Inizialmente un po’ sì. Soprattutto su un progetto scritto a più mani credevo fosse più funzionale lavorare a stretto contatto con il resto del team. In realtà mi sbagliavo: soprattutto per via del lockdown, ho riscoperto la facilità di capirsi comunque anche se si è a distanza.

Quali sono secondo te gli svantaggi del lavoro da remoto?

L’unico svantaggio è legato ad una questione sociale piuttosto che professionale: io a casa sono 8 ore da solo. Magari sì mi interfaccio col team a distanza, ma il valore aggiunto di una pausa o di un caffè con un collega mi manca. Da un punto di vista produttivo non vedo implicazioni negative, anzi probabilmente non avendo le distrazioni dell’ufficio la concentrazione è più alta. Mentre dal punto di vista umano e di coesione del team invece un po’ sì. Nonostante c’è comunque una dinamica amichevole via chat, non è la stessa cosa.

Perché hai scelto di fare lo sviluppatore e non un altro mestiere?

Beh che dire, perché mi piace. C’è da dire che da quando ho iniziato ho sempre ricevuto dei feedback molto positivi, quindi mi sono convinto che fosse la mia strada. Poi in realtà sono sempre stato molto appassionato di sviluppo dei videogiochi. Questa passione, sommata ad una propensione per la grafica, ha fatto sì che mi avvicinassi a questo mondo.

Prima hai detto che ti trovi bene col metodo dell’azienda con cui collabori, BitBoss. Quali vantaggi stai riscontrando?

In primis la suddivisione dei progetti in macro e micro task. Ma non solo: l’organizzazione a livello gerarchico tra sviluppatori e project manager funziona decisamente bene. Durante le mie esperienze precedenti ho riscontrato uno scarico di responsabilità troppo grande sul developer.

Nella tua vita da freelance con committente finale come interlocutore, ti sei mai ritrovato in un progetto troppo grosso per uno sviluppatore solo?

Mi è giusto capitato qualche settimana fa. Al momento ancora non ho preso il lavoro: mi è stata chiesta un’infrastruttura grossa, sia a livello backend che a livello frontend. Una delle primissime domande è stata se lavoravo da solo o avevo un team a disposizione: il fatto di lavorare da solo mette un po’ di paura al committente. Ovviamente, la stessa paura la provo anche io.

Ti piacerebbe svolgere il ruolo di project manager?

Non ho la presunzione di pensare di avere tutte le competenze necessarie. A livello di ambizione personale sicuramente sì, ma non sacrificherei comunque il ruolo di developer puro. Più che diventare PM comunque, mi piacerebbe sviluppare un prodotto tutto mio, lanciarlo sul mercato e commercializzarlo. Direi che lo spirito imprenditoriale non mi manca, anche se ora come ora sono molto più concentrato a concretizzare le idee che ho da un punto di vista di sviluppo. La vendita e il marketing sono settori ancora molto distanti da me.

Come evolverà secondo te la figura dello sviluppatore in futuro?

Guardando le fonti su cui mi sono sempre aggiornato, sembrerebbe che ci sia una tendenza ad ampliare la categoria dello sviluppatore: rientrano risorse meno specializzate e con una conoscenza più trasversale. Sicuramente il remoto sarà la normalità e non l’eccezione: succederà che la ricerca del lavoro , e di conseguenza il lavoro stesso, diventerà decisamente più internazionale (per esempio uno sviluppatore italiano in Italia lavora per azienda cinese con sede in Cina). Per quanto riguarda il discorso tecnologico, sicuramente il progresso si sta velocizzando parecchio. Probabilmente il grado di astrazione dello sviluppo sarà decisamente più elevato, ma credo comunque che la fase di progettazione a livello di input e relazioni sarà comunque fatto da uno sviluppatore.

Quando hai un problema e non sai come risolverlo, che fai?

Se si tratta di un’operazione piuttosto piccola provo a chiedere ad un collega o ad una persona di cui mi fido e che fa il mio stesso mestiere. Negli altri casi, o cerco su Google la risposta oppure seguo dei corsi online.

Entriamo più nel merito: qual è il tuo processo di apprendimento? Parti dalla pratica oppure dalla teoria?

Personalmente faccio un mix: sicuramente una base teorica è necessaria perché altrimenti si rischia di non capire per nulla il linguaggio. Se mi capita di dover imparare da zero un framework, parto da un corso online dopodiché inizio a lavorarci.

Cosa diresti e consiglieresti ad un ragazzo di 15 anni che sogna di fare lo sviluppatore?

Gli direi di avere tanta passione: soprattutto in questo mestiere, senza quella si rischia di stare sempre un passo indietro gli altri. Molti, soprattutto nell’ultimo periodo, si approcciano a questo mestiere per ragioni prettamente economiche: effettivamente è una professione che conosce poca crisi e che permette di guadagnare anche molto bene, però se manca la tenacia il percorso di crescita ad un certo punto si arresta e si finisce per rimanere indietro rispetto alla concorrenza. A livello pratico gli direi di iscriversi ad un corso base, magari di Python visto che è un linguaggio interpretato ed è più semplice da imparare. E poi assolutamente gli direi di studiare l’inglese: la maggior parte dei corsi, dei blog e della documentazione è in inglese e se non si conosce la lingua si fa veramente tanta fatica.

Secondo te quello dello sviluppatore è un mestiere per chiunque?

Sicuramente è sopravvalutato: la gente quando dico che faccio lo sviluppatore mi guarda come se fossi un genio. L’intelligenza è importante, ma non ci vuole un quoziente intellettivo straordinario. Per cui secondo me se c’è passione, determinazione e voglia di imparare, chiunque può intraprendere questo percorso.